La Storia

 

Foto varie 089La storia dell’attività mineraria legata all’estrazione del carbone Sulcis, noto in passato come "Lignite del Sulcis”, è molto antica. La prima Concessione per la coltivatozione del giacimento del Sulcis., la “Bacu Abis”, fu accordata nel 1853. Alla fine del 1800, vista la notevole crescita del tessuto industriale nazionale, la lignite Sulcis divenne una risorsa energetica fondamentale per l’intero sviluppo nazionale.
Durante la I Guerra Mondiale ne furono prodotte 80.000 tonnellate mentre quello che va dal primo dopoguerra alla crisi del settore dei combustibili fossili del 1929, fu un periodo nero anche per la miniera del Sulcis.
Nel 1935, grazie ad un intervento statale mirato alla rivalutazione dell’attività mineraria, che avviò la costituzione dell'Azienda Carboni Italiani A.Ca.I., iniziò un periodo di rilancio di tutte le attività industriali del Sud Sardegna, incrementando l’indotto e di conseguenza i livelli produttivi e occupazionali.
Queste condizioni nel 1938 favorirono la nascita della città di Carbonia. La produzione di carbone arrivò ad oltre un milione di tonnellate all'anno, occupando 18.000 lavoratori.
Il dopoguerra richiese notevoli sforzi per riattivare il settore industriale nel Paese. La miniera di Seruci, allora principale sito estrattivo del bacino del Sulcis, era una delle più avanzate e moderne miniere d’Europa. Venne realizzata una centrale termoelettrica per l’utilizzo intensivo del carbone Sulcis, e la politica di nazionalizzazione del comparto elettrico nel 1965 fece diventare l’ENEL titolare delle concessioni minerarie del bacino.

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Di lì a poco però la politica energetica nazionale preferì rivolgersi all'impiego del petrolio e ciò comportò un declino del combustbile fossile carbone.
Ciò nonostante, visto il blocco dell’attività estrattiva ritenuta anti-economica da ENEL, nel 1976 venne costituita la Carbosulcis dall'EGAM, Ente Nazionale per la Gestione delle Attività Minerarie, e dall'EMSa, Ente Minerario Sardo, al fine di rilanciare l'attività di coltivazione e produzione del carbone Sulcis, una delle poche risorse energetiche autoctone nazionali, al fine di scongiurare le proteste dei minatori ed il rischio di aggravare la situazione occupazionale del Sulcis.
Nel 1985 fu approvata la legge sulle “Norme per la riattivazione del bacino carbonifero del Sulcis” e il progetto Carbosulcis per la ripresa produttiva delle miniere entrò nella fase di realizzazione, con lo sviluppo del nuovo progetto della miniera guidato dall'ENI, che rilevò le attività dell'EGAM e grazie agli stanziamenti pubblici in favore dell’attività estrattiva, finalizzati a trovare uno mercato al carbone del Sulcis, avviò una serie di opere ed investimenti mirati ad una prodizione massiva, che però non vennero completamente sviluppati dal momento che ENI per ragioni di opportunità decise di abbandonare il settore minerario, concentrandosi su quello petrolifero e del gas.
In più circostanze Carbosulcis fu messa in vendita senza successo, ma la prospettiva di una chiusura definitiva delle miniere portò ad una nuova ondata di dure lotte sindacali dei minatori, con occupazioni e manifestazioni. Fu così che nel 1995 la Regione Sardegna prese in carico la proprietà della Carbosulcis, con la finalità di guidarne la “transizione” verso la privatizzazione.
Il processo di privatizzazione non ha avuto evoluzioni oltre quelle del 2000 e 2004 e 2006, quando i bandi di gara internazionali pubblicati dalla Regione Autonoma della Sardegna sono andati deserti. Nel frattempo si è lavorato a piani alternativi di sviluppo e di rilancio applicando alla tradizionale produzione di carbone altre attività tecnologiche per lo sfruttamento del bacino carbonifero, interrotte però dall'indagine di infrazione della Comunità Europea che nel 2014 si è pronunciata invitando alla presentazione di un piano di chiusura in alternativa ad un sistema di mantenimento dell'attività non più accettabile, in termini di concorrenza europea. Da qui la realizzazione e la presentazione alla Comunità Europea, da parte della RAS, di un piano di chiusura che prevede la fine delle attività produttive entro il 2018 e, contestualmente alle attività di messa in sicurezza e ripristino ambientale da ultimarsi entro il 2027, una serie di attività di ricerca e sperimentazione finalizzate alla riconversione industriale dell'azienda.